C’è una nuova, dolorosa storia di violenza sulle donne che scuote la comunità sarda e l’opinione pubblica: dietro la drammatica caduta dal balcone di un hotel a Malta, avvenuta la scorsa settimana, si nasconde un racconto di aggressione e terrore. Claudia Chessa, una ragazza di 18 anni originaria di Arzachena, in vacanza studio a La Valletta, ha vissuto attimi di puro incubo che, per miracolo, non le sono costati la vita. La sua salvezza è arrivata grazie al tendone di un esercizio commerciale sottostante, che ha attutito la caduta, evitando il peggio.
Claudia, partita a novembre per studiare inglese in una casa famiglia, non pensava certo che la sua parentesi all’estero si sarebbe trasformata in un incubo. A raggiungerla a Malta, come previsto, era stato il suo fidanzato Alessio Lupo, 27 anni, anche lui di Arzachena. I due avevano scelto di trascorrere qualche giorno insieme, alloggiando all’H Hotel & Spa, ma la vacanza si è presto trasformata in un incubo di violenza fisica e psicologica.
La testimonianza della ragazza, raccolta dal padre Silvano, è sconvolgente: “Non mi sono buttata, stavo scappando dall’aggressione del mio fidanzato e l’unica via d’uscita era gettarmi dal balcone”. Parole che dipingono un quadro tragico di un rapporto che, dietro una facciata di normalità, nascondeva l’orrore dell’abuso. Questa rivelazione ha spinto la famiglia di Claudia a sporgere denuncia alle autorità maltese.
Nel frattempo, Claudia, ancora ricoverata in ospedale in gravi condizioni, si prepara ad affrontare un secondo intervento chirurgico alla schiena. Le indagini sono proseguite velocemente e sia la ragazza che il suo fidanzato sono stati interrogati. Alessio Lupo, fermato per 48 ore, è stato poi rilasciato, ma con un ordine restrittivo che gli impedisce di avvicinarsi a Claudia per tre anni. L’uomo è tornato ad Arzachena, ma le cicatrici lasciate da questa drammatica vicenda rimarranno indelebili.
Un altro capitolo doloroso che si aggiunge alla lunga lista di storie di violenza sulle donne, un fenomeno che sembra non arrestarsi, e che ancora una volta interroga la nostra società su quanto la cultura dell’abuso e del possesso possa insinuarsi in relazioni che, apparentemente, sembrano normali.