Scoperta una delle eruzioni più potenti della storia dei Campi Flegrei. A ricostruire l’entità dell’evento è stato un team italiano di ricercatori dell’Istituto di Geologia Ambientale e Geoingegneria del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-IGAG), della Sapienza Università di Roma, dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro. Lo studio, intitolato The Maddaloni/X-6 eruption stands out as one of the major events during the Late Pleistocene at Campi Flegrei, è stato pubblicato sulla rivista Communications Earth and Environmentdi Nature.
Nell’area dei Campi Flegrei, le tracce delle eruzioni più antiche sono difficilmente accessibili, poiché giacciono in profondità sotto spessi strati di rocce vulcaniche più recenti. Tuttavia, grazie a dati preesistenti e a modelli di dispersione delle ceneri vulcaniche, gli scienziati hanno potuto ricostruire la dinamica e la magnitudo dell’eruzione. Antonio Costa, ricercatore dell’INGV, ha spiegato come siano state stimate caratteristiche fondamentali dell’evento, tra cui il volume del magma eruttato e l’altezza della colonna di cenere e gas. Grazie a questo approccio multidisciplinare, comunemente utilizzato per studiare eruzioni recenti, è stato possibile analizzare anche un’antica eruzione flegrea avvenuta 109.000 anni fa, denominata Eruzione di Maddaloni. Questa eruzione, sebbene quasi inaccessibile nell’area del vulcano, è stata documentata grazie alle ceneri rinvenute in diverse zone del Mediterraneo, dall’Italia centrale fino alla Grecia. Uno degli aspetti più sorprendenti dello studio riguarda la magnitudo stimata dell’eruzione, pari a 7.6, un valore di poco inferiore a quello dell’Ignimbrite Campana, la devastante eruzione avvenuta circa 40.000 anni fa. Questo dato rende l’Eruzione di Maddaloni il secondo evento più grande nella storia dei Campi Flegrei. Jacopo Natale, dell’Università Aldo Moro di Bari, ha sottolineato come questa scoperta suggerisca che la struttura della caldera, la depressione formatasi a seguito delle grandi eruzioni, possa essere molto più complessa di quanto ipotizzato finora.
Biagio Giaccio, del CNR-IGAG, ha spiegato che, proprio come le impronte digitali identificano un individuo, alcune proprietà delle ceneri vulcaniche – come la stratigrafia, la composizione chimica e la cronologia – permettono agli scienziati di risalire alla loro sorgente vulcanica e, in alcuni casi, persino al singolo evento eruttivo che le ha prodotte.