Attualità

Rapporto Svimez, i giovani fuggono dal Sud

Rischio di "spopolamento e gelo demografico", sono 2,5 milioni le persone che vivono in povertà assoluta.

Anche quest’anno è stato pubblicato il Rapporto Svimez che registra un drammatico risultato per il Mezzogiorno: lo spopolamento aumenta e la povertà si infittisce.

Per quanto il PNRR sia riuscito a migliorare le condizioni del Sud allontanandolo dalla recessione economica, la crescita rimane troppo bassa – 0,4% – per contrastare la dilagante miseria che colpisce numerose famiglie.
Nel 2022 sono 2,5 milioni le persone che vivono in povertà assoluta, +250.000 in rispetto al 2020.
Quasi una famiglia di lavoratori su dieci nel Meridione vive tra bassi salari, anni di precariato, lavoro in nero e part-time, dove molto spesso tutto ciò non basta per guadagnare abbastanza per vivere.

Il risultato di queste drammatiche cifre e delle preoccupanti soluzioni alla sopravvivenza è l’emigrazione dei giovani e dei laureati, basti pensare che dal 2002 al 2021 hanno lasciato il Mezzogiorno oltre 2,5 milioni di persone, in gran parte verso il Centro-Nord. Nonostante, infatti, il “rimbalzo” occupazionale degli ultimi due anni grazie alla ripresa è tornata a inasprirsi la precarietà e i bassi salari. Per Svimez il rischio è lo “spopolamento e il gelo demografico” con la perdita, entro il 2080, di 8 milioni di abitanti.

Alla presentazione del Rapporto Svimez 2023 presso il Tempio di Adriano a Roma erano presenti il ministro per gli Affari europei, per le politiche di coesione e per il Pnrr, Raffaele Fitto e il sindaco di Napoli e delegato dell’Anci, Gaetano Manfredi.
Tra i diversi obiettivi, inoltre, c’è anche di ridurre il divario di genere poiché le regioni meridionali presentano il tasso più basso di occupazione femminile in confronto all’Europa. La media UE è infatti del 72,5% contro il 31% della Campania.
Preoccupazione invece per i nuovi posti asili nido a seguito della recente riduzione degli obiettivi del PNRR con l’impossibilità di raggiungere il target europeo, il risultato finale è che permane il divario di offerta di servizio scolatico tra l’Italia e l’Europa.

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