Cronaca

Corruzione, ex sindaci arrestati nel Casertano

Operazione dei carabinieri

Terremoto a Teverola, comune del Casertano, dove i carabinieri hanno arrestato e posto ai domiciliari su ordine del Gip del tribunale di Napoli Nord, per i reati di corruzione e lottizzazione abusiva, due ex sindaci, Biagio Lusini e Tommaso Barbato, quest’ultimo vice-sindaco fino ad inizio ottobre nell’attuale amministrazione del primo cittadino Gennaro Caserta. Ai domiciliari anche l’ex capogruppo in consiglio comunale Pasquale De Floris, dimessosi come Barbato all’inizio del mese scorso, e un tecnico in passato dirigente in diversi comuni. I carabinieri del Reparto Territoriale di Aversa hanno eseguito anche quattro misure del divieto di dimora per l’ex consigliere comunale di opposizione e altre tre persone. Nell’indagine dei sostituti  figurano anche altri sette indagati, tra cui l’ex assessore comunale Biagio Pezzella, che ad inizio ottobre, quando si seppe dell’indagine, si dimise dalla carica in giunta ma non da quella di consigliere comunale, un responsabile dell’area finanziaria del Comune, ex dirigente dell’Urbanistica di Teverola, e un costruttore.
I fatti riguardano la gestione dell’ufficio tecnico del Comune di Teverola e i permessi a costruire rilasciati per la realizzazione del Parco Iris, un complesso residenziale sottoposto a sequestro giudiziario insieme ad un altro immobile realizzato in via Fratelli Bandiera. Ruolo chiave dell’inchiesta è quello dell’ex sindaco Lusini, ritenuto il mediatore tra amministratori, imprenditori e tecnici. Per gli inquirenti è Lusini che, anche durante il mandato da sindaco di Barbato – primo cittadino tra il 2019 e il 2023 – contro il quale si era candidato alle elezioni del 2019, dettava la linea; e così all’ufficio tecnico, secondo l’accusa, dovevano esserci solo dirigenti pronti a esaudire le richieste sue e degli imprenditori edili che volevano realizzare gli immobili poi da vendere. Dalle indagini è emersa la consegna da Lusini all’ex indaco Barbato di diverse somme di denaro che Lusini aveva ricevuto dai costruttori finiti sotto indagine.

 

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