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Carlo Doglioni, presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia ha fatto il punto della situazione sullo sciame sismico nei Campi Flegrei, affermando: “Quella dei Campi Flegrei è un’area su un vulcano attivo, quindi il vulcano manifesta la sua vitalità con questi movimenti. Noi registriamo, ogni pochi secondi, con i dati Gps, quello che fa il vulcano e quello che abbiamo visto nei giorni scorsi è che c’è stato un leggero sollevamento. Quando si nota questo sollevamento, immediatamente si attivano le scosse. Siamo consapevoli, quindi, che quello che sta succedendo, è quello che ci aspettavamo. Teniamo presente che dal 1950 ad oggi, il sollevamento è stato di 4 metri. Ci sono dei periodi in cui accelera e dei periodi in cui rallenta. Questo è un periodo in cui sta salendo relativamente molto lentamente, perchè ad esempio nel periodo tra il 1982 e il 1984 il sollevamento è stato anche di 9 cm al mese. Adesso, invece, ha una velocità di circa 1 cm al mese. E’ chiaro che non è bello vivere con delle scosse, soprattutto perchè queste sono superficiali e si sentono. Ma se uno ha la casa costruita in maniera antisismica, non ha problemi. Ovviamente c’è da fare attenzione anche al degassamento, perchè c’è un rischio geochimico importante e l’ultimo rischio, quello che fa veramente paura, è quello di un’eruzione, che però al momento è lontano o quantomeno non abbiamo l’evidenza di una risalita immediata di magma. Questo non significa che non possa succedere, però al momento non ci sono evidenze”.
Tornando al 1538, Doglioni prosegue dicendo che:
“Nel 1538 le cronache dicono che, prima dell’eruzione del Monte Nuovo, il suolo si sollevò di quasi 14 metri. Il sollevamento del suolo, quindi, è uno dei precursori che vediamo. Parliamo, però, di sollevamenti importanti e teniamo presente che dal 1950 ad oggi, ci sono stati vari picchi di sollevamento che si sono fermati. Questo è il fenomeno del bradisismo. Il vulcano sta facendo il suo percorso. Noi lo monitoriamo, abbiamo tutte le stazioni geochimiche, termiche, tutti i dati sismometrici, geodetici, gravimetrici, che stiamo utilizzando. Tutto quello che possiamo fare per monitorare e dare un’eventuale allerta alla popolazione, lo stiamo facendo. Ogni vulcano, poi, fa storia a sè in termini di quanti preavvisi e segnali dà e quanto tempo prima li dà. Ci sono dei vulcani che danno delle evidenze di una sismicità profonda perchè risale e ci dicono che magari questo nel giro di una settimana, darà un’eruzione, come ad esempio è avvenuto alle Canarie qualche anno fa oppure quello che si vede anche spesso all’Etna, dove c’è sempre una sismicità che prevede un’eruzione. Per i Campi Flegrei è qualcosa di molto diverso, perchè anche la chimica del magma è diversa. Il comportamento, quindi, è molto legato al contenuto di gas e al contenuto, anche particolare, di chimica delle rocce. Al momento, però, non abbiamo un’idea di tutta quella che è la casistica che ci dà una previsione di quando ci sarà un’eruzione, soprattutto per i Campi Flegrei, proprio perchè non abbiamo una storia che ci permetta di poter ricostruire i dati che potevano essere monitorati nel 1500. Oggi abbiamo degli altri strumenti, che però ci aiuteranno tantissimo se mai si arriverà ad una situazione di crisi, che al momento non c’è. Quanto tempo prima potremmo prevedere un’eventuale eruzione? Ci sono dei segnali che sicuramente ci aiuteranno a dare delle indicazioni. La tempistica non siamo in grado di darla. Noi monitoriamo ogni secondo e quindi è chiaro che noteremmo subito una variazione di parametri e dei gradienti di sollevamento, di degassamento, che è uno dei primi elementi. I segnali che noi monitoriamo sono la velocità di sollevamento, che al momento è decisamente nella media degli ultimi mesi, mentre due anni fa era quattro volte più veloce. Noi ci dimentichiamo molto rapidamente dei fenomeni naturali. Meno di un anno fa abbiamo avuto un terremoto di magnitudo 4.4, che è stato molto più energetico di quanto accaduto in questi giorni. Quella dei Campi Flegrei è una sismicità legata alla dinamica del vulcano. Non è un’area sismica come quella dell’Appennino perchè c’è una tettonica attiva ed estensionale. Qui siamo in una situazione molto particolare dal punto di vista geologico. Il sollevamento si lega al fatto che del magma si intrude in profondità e quindi provoca un bombamento della crosta sovrastante, rompendola e provocando quindi dei terremoti”.
Sull’eventualità che si verifichino scosse di magnitudo 5:
“E’ una magnitudo che noi interpretiamo come massima possibile, ma non è mai stata registrata. Si tratta solo di un’ipotesi di lavoro. Questo anche per dire che non ci possono essere come quello dell’Irpinia, ad esempio, di magnitudo 6.9. Il terremoto dell’Irpinia è stato 1000 volte più energetico rispetto al terremoto massimo che noi ipotizziamo possibile per la dimensione delle faglie che si potrebbero attivare all’interno dei Campi Flegrei”.
Infine il direttore dell’INGV parla del livello di allerta e di cosa la farebbe passare da gialla ad arancione:
“Penso che il passaggio all’allerta arancione debba avvenire nel caso in cui la sismicità aumentasse, in termini di frequenza e soprattutto di magnitudo, e aumentasse in maniera significativa anche il sollevamento e il degassamento dal suolo. Cosa che al momento non vediamo. Vediamo un trend importante di massima attenzione, ma non c’è un elemento per dire di passare ad un’allerta arancione, che prevede tra l’altro delle implicazioni di protezione civile di livello importante. E la protezione civile nazionale, regionale e di tutti i comuni che sono coinvolti, lavorano quotidianamente per la tutela dei cittadini”.