Bruno Pizzul, storica voce del giornalismo sportivo italiano, si è spento all’età di 86 anni all’ospedale di Gorizia. Avrebbe compiuto 87 anni l’8 marzo. Nato a Udine nel 1938, ha lasciato un segno indelebile nella storia della telecronaca sportiva italiana.
Dopo una carriera da calciatore, interrotta precocemente a causa di un infortunio al ginocchio, Pizzul si laureò in giurisprudenza e iniziò a insegnare materie letterarie nelle scuole medie. Il suo destino, però, lo portò nel mondo del giornalismo sportivo: assunto in Rai nel 1969, esordì alla telecronaca l’anno successivo con Juventus-Bologna, spareggio di Coppa Italia. Da quel momento, la sua voce divenne la colonna sonora del calcio italiano.
Dal Mondiale del 1986 al 2002 fu il telecronista ufficiale della Nazionale, raccontando cinque Campionati del Mondo e quattro Europei. Con il suo stile pacato e misurato, lontano dai toni esasperati di oggi, ha saputo conquistare il pubblico, diventando un punto di riferimento per generazioni di appassionati.
Oltre alla telecronaca, Pizzul condusse trasmissioni di grande successo come Domenica Sprint e la Domenica Sportiva. Il suo nome è legato anche a momenti drammatici del calcio: il 29 maggio 1985, durante la finale di Coppa dei Campioni, si trovò a commentare la tragedia dell’Heysel. “La telecronaca che non avrei mai voluto fare”, disse, consapevole della gravità di ciò che stava raccontando.
Il legame con il Friuli non si è mai spezzato: negli ultimi anni era tornato a vivere nella sua terra d’origine, mantenendo sempre un contatto con il calcio e il giornalismo. Icona di sobrietà e competenza, Pizzul lascia un’eredità importante nel mondo della comunicazione sportiva. Un uomo che ha saputo raccontare il calcio con eleganza, passione e rispetto per il gioco e per chi lo seguiva.
