Il 19 marzo 1994 a Casal di Principe veniva ucciso don Peppe Diana nella sua chiesa: esattamente 30 anni fa moriva un prete che incitava i giovani a ribellarsi al soffocante potere dei Casalesi.
Quella mattina, intorno alle 7:30 del mattino, prima di celebrare la “Messa mai detta”, entrò un ragazzo che sparò 4 colpi a don Peppe Diana in viso e in petto, uccidendolo in sagrestia e il giorno del suo Santo. Un tragico evento che ha lasciato nei ricordi dei fedeli orrore e rabbia: da allora, infatti, nulla tornò più come prima, fra questi la consapevolezza tra i giovani su cosa fosse realmente la camorra.
Il suo omicidio ha attivato una forte presa di coscienza e riscatto della popolazione: anni dopo, il 25 aprile del 2006, giorno della liberazione, si costituì ufficialmente il Comitato Don Peppe Diana che oggi conta 38 soci, tra cui università, scuole e associazioni. L’obiettivo è diffondere il principio del rispetto verso gli uomini e le donne e la liberazione dall’oppressione, di qualsiasi natura essa sia.
Il verbo dello stimato prete era così potente, che non solo ha dato la spinta ai giovani di costituirsi in un gruppo che è attivo ancora oggi e che si impegna su tutto il territorio nazionale, il 21 marzo del 1994, due giorni dopo l’assassinio, al funerale presenziarono 20mila persone, segno intangibile dell’indignazione dei cittadini.
Erano gli anni delle stragi e delle bombe, solo due anni prima, infatti, erano stati uccisi Falcone e Borsellino per gli stessi ideali di don Peppe Diana, ideali che vivono nei cuori delle persone e delle future generazioni, nonostante ancora oggi fatichino a realizzarsi.
È celebre una frase che resta un memorandum per chi crede nella lotta e nei cambiamenti: “Si può uccidere un uomo, ma non le sue idee”.