Il numero drammatico di suicidi nei carceri italiani è purtroppo, ancora una volta, al centro dei dibattiti sulla tutela dei diritti umani. I casi infatti aumentano e soltanto dall’inizio dell’anno sono in tutto 15 i detenuti che si sono tolti la vita, ultimo in Campania è Carmine di 58 anni che riusciva a muoversi grazie ad una sedie a rotelle.
Secondo una statistica il tasso di suicidi in carcere è 20 volte superiore ai suicidi delle persone libere, il motivo è che le condizioni di reclusione sono degradanti – primo fra tutti il sovraffollamento – non a caso l’Italia già una volta fu condannata nel 2013 dalla Corte Europea per le condizioni di detenzione che non rispettano gli standard di sostentamento, violando gravemente la salvaguardia dei diritti dell’uomo.
Carmine, ad esempio, era rinchiuso nel reparto con altri 30 detenuti e durante la notte fra sabato e domenica si è tolto la vita impiccandosi con una cintura al termosifone della sua cella.
Samuele Ciambriello, portavoce nazionale della Conferenza dei garanti locali dei detenuti, afferma che la politica è indifferente rispetto al disagio che esiste nei carceri italiani, che mancano educatori e psicologi – figure essenziali per la rieducazione dei cittadini – e che è alla ribalta in questo periodo sui media il caso di Ilaria Salis, ma tutti tacciono sull’ennesima morte di un detenuto che è una evidente sconfitta dello Stato.