Un team di ricercatori dell’Osservatorio Vesuviano dell’INGV, in collaborazione con l’Università di Palermo, l’Università di Cambridge e il Woods Hole Oceanographic Institute, ha recentemente pubblicato uno studio sulla rivista Nature Geoscience riguardante l’analisi dei gas emessi dalle fumarole della Solfatara. I dati raccolti a partire dalla fine del 2018 rivelano un aumento delle concentrazioni di idrogeno solforato, un fenomeno che potrebbe essere legato a un crescente contributo di gas magmatici provenienti dal profondo del vulcano.
Le analisi, effettuate utilizzando tecniche moderne, hanno evidenziato che l’anomalia di zolfo nelle fumarole non può essere attribuita esclusivamente a processi idrotermali superficiali, ma è il risultato di un’interazione tra il magma che risale dalla crosta terrestre e il sistema idrotermale superficiale. Secondo i ricercatori, questo aumento dei gas magmatici potrebbe spiegare anche il riscaldamento del sistema idrotermale e la crescente sismicità osservata nella zona.
Alessandro Aiuppa, professore dell’Università di Palermo, ha spiegato che il contributo crescente di gas magmatici supporta l’ipotesi di un coinvolgimento attivo del magma nelle attuali dinamiche dei Campi Flegrei. “Il rilascio crescente di zolfo è un segnale tipico di un vulcano in una fase di possibile riattivazione”, ha aggiunto Aiuppa.
Lo studio ha utilizzato uno dei dataset di composizione delle fumarole più completi al mondo, raccogliendo dati dal 1980 ad oggi. Gli autori sottolineano che il monitoraggio continuo e l’analisi di questi dati sono fondamentali per comprendere l’evoluzione del sistema vulcanico.
Sebbene i risultati non suggeriscano un’eruzione imminente, i ricercatori invitano a mantenere alta l’attenzione sul sistema flegreo, che continua a rappresentare un’area di interesse scientifico e sociale per la sua potenziale pericolosità.